RUBRICA: UN LIBRO PER RIFLETTERE

 Buon pomeriggio, oggi è giorno di rubrica e io e la dottoressa Ada Piacentini abbiamo deciso di affrontare un tema piuttosto delicato, il suicidio. A riguardo ho scelto di leggere Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino.

Svegliami a mezzanotte, Fuani Marino, Einaudi

Autrice: Fuani Marino

Editore: Einaudi

Pagine: 168

Genere: biografico

Data di pubblicazione: 1 ottobre 2019

 

Un tardo pomeriggio di luglio in un'anonima località di villeggiatura, dopo una giornata passata al mare, una giovane donna, da poco diventata madre, sale all'ultimo piano di una palazzina. Non guarda giú. Si appoggia al davanzale e si getta nel vuoto. Perché l'ha fatto, perché ha voluto suicidarsi? Non lo sappiamo. E forse, in quel momento, non lo sa nemmeno lei. Ma quel tentativo di suicidio non ha avuto successo e oggi, quella giovane donna, vuole capire. Fuani Marino è sopravvissuta a quel gesto e alle cicatrici che ha lasciato sul suo corpo e nella sua vita. Ma le cicatrici possono anche essere una traccia da ripercorrere, un sentiero per trasformare la memoria in scrittura. Marino decide cosí di usare gli strumenti della letteratura per ricostruire una storia vera, la propria. In parte memoir, in parte racconto della depressione dal di dentro e storia di una guarigione, anamnesi familiare e storia culturale di come la poesia e l'arte hanno raccontato il disturbo bipolare dell'umore, riflessione sulla solitudine in cui vengono lasciate le donne (e le madri in particolare) e ancora studio di come neuroscienze, chimica e psichiatria definiscano quel labile confine tra salute e sofferenza: Svegliami a mezzanotte è un testo incandescente nel guardare senza autoindulgenza, anzi a tratti con affilata autoironia, in fondo al buio. Disturbante come a volte è la vita, ma luminoso nella speranza che sa regalare.

Svegliami a mezzanotte è il racconto sincero e trasparente dell'esperienza dell'autrice con il suicidio. 

Ho tentato di uccidermi il 26 luglio 2012, avevo da poco compiuto trentadue anni e da neppure quattro mesi partorito la mia prima e unica figlia, Greta.

La Marino fa un'analisi delle motivazioni che l'hanno spinta al suicidio, ci parla dei momenti precendenti, la ricerca del posto giusto da cui buttarsi, il momento stesso in cui è sempre rimasta cosciente e i momenti immediatamente successivi, quando viene soccorsa. Posso solo immaginare quanto sia stato difficile riuscire a raccontare con lucidità un'esperienza talmente drammatica, quanto sia stato complicato mettersi a nudo e confrontarsi con le numerose emozioni provate. L'autrice ci racconta il suo passato, la sua infanzia, l'adolescenza e l'età adulta, fino al giorno in cui si è gettata dalla casa della zia. La Marino vede nel suo passato i segni che l'hanno portata a compiere il gesto estremo, afferma che non c'è stata un'unica causa ma una concatenazione di cause. Sostiene che forse la sua testa fosse predisposta dalla nascita, che ha incontrato situazioni sfavorevoli fino al punto di rottura. Ovviamente non è facile determinare le cause certe che possono portare al suicidio, sicuramente il disturbo bipolare che le è stato diagnosticato e la depressione post-partum hanno avuto un peso notevole. Sospendere gli psicofarmaci usati precedentemente perché potevano influire sull'allattamento, secondo la Marino, l'hanno portata ad una situazione estrema, sarebbe stato più giusto anteporre la salute mentale della madre alla pratica dell'allattamento? L'autrice ne è convinta e io non riesco a darle torto.

Fin qui ho sempre parlato di suicidio ma in psicologia è bene fare delle distinzioni perché quello della Marino è un suicidio non riuscito. Anche lei si è chiesta se ha scelto quel posto per buttarsi perchè in fin dei conti voleva salvarsi dato che in casa c'era la zia ed era vicina ad un ospedale. Il comportamento suicidario comprende:

  • Il suicidio compiuto: un atto intenzionale di autolesionismo che ha portato al decesso.
  • Il tentato suicidio: un atto di autolesionismo che voleva portare al decesso, ma non l'ha fatto. Un tentato suicidio può o meno comportare lesioni.
  • Con il termine "condotte parasuicidarie"si comprendono tutti i tentati suicidi e tutte le condotte autolesive senza intenti suicidari espliciti.

Un altro dato da sottolineare è che la depressione è il fattore più comune che contribuisce al comportamento suicidario e che la depressione, inclusa quella che rientra nel disturbo bipolare (come nel caso dell'autrice), è coinvolta in oltre il 50% dei tentativi di suicidio e in una percentuale anche maggiore di suicidi compiuti. 

Si può ben capire quindi quanto il tema sia delicato e quanto sia difficile convivere poi con l'atto che si è messo in pratica nel caso del suicidio non riuscito. La Marino racconta di come sia complicato accettare l'idea di aver tentato il suicidio, di come sia legato a vari pregiudizi. Come si fa a suicidarsi quando si è una neomamma? Non dovrebbe essere il periodo più felice in assoluto nella vita di una donna? Evidentemente non è sempre così scontato...

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