Intervista: Anna Pia Fantoni


Buon pomeriggio, oggi vi voglio far conoscere Anna Pia Fantoni, l'autrice di Io sono la preda, un libro che mi è entrato nella testa e nel cuore. Andiamo a conoscerla ;)



         Ciao Pia, grazie per aver accettato questa intervista, per me è un grande piacere. Che ne dici di iniziare parlandoci un po’ di te?
Intanto grazie a te per avermela proposta. Sono correttrice di bozze dal 1999 e quasi editor, ho tradotto libri dall’inglese e lavorato come interprete di inglese, francese e tedesco per più di vent’anni. Ho studiato spagnolo e russo.
Ho il cuore grande, ma un caratterino pepato e poca diplomazia. Nascondo un’innata timidezza dietro all’ironia e al casino. Rido spesso e mi piace circondarmi di persone intelligenti. Non mi tiro mai indietro se si tratta di difendere le mie idee (e qui si torna al problema diplomazia). Detesto l’omertà e il menefreghismo.
Cerco dal 2008 di sensibilizzare sul problema della violenza sulle donne e sui bambini.
Con poco successo, devo dire, perché la maggior parte delle persone pensa ancora che “la vittima se la sia cercata”. Non ci crederai, ma in sostanza sono tutti pronti a scandalizzarsi e fare la boccuccia a ‘O’ quando leggono le notizie sui giornali, ma la tendenza è spesso quella di colpevolizzare la vittima.

Io sono la preda è un libro che ha come tematica centrale la violenza sulle donne, fisica e psicologica. Come è nata l’idea alla base di questo libro?
L’idea alla base te la spiego nella risposta sotto, ed è stata decisamente casuale. È stata poi Giuditta che mi ha trascinato per i capelli nella sua storia, ovviamente un’iperbole, e mi ha ‘chiesto’ di fare capire cosa sia una manipolazione ben riuscita di una vittima di abusi. È l’azzeramento dell’autostima, la convinzione che qualunque cosa capiti sia sempre colpa tua e tu ti sia meritata gli insulti, i ceffoni, il vuoto intorno, perché una delle prime mosse dell’abusante è proprio quella: allontanare la vittima dalla famiglia (se c’è), dagli amici, dal lavoro. Renderla succube, psicologicamente ed economicamente. Il consiglio che posso dare è: al primo insulto, al primo ceffone, fare le valigie e non voltarsi più indietro. Dopo è tardi.

Giuditta, la protagonista di Io sono la preda, è una ragazza trentenne dai capelli rosso fuoco come la fiamma che brucia in lei, la fiamma del dolore del suo passato e dell’amore nel suo presente. Come è nato il personaggio di Giuditta?
È nato al Lido di Venezia, dove sono andata per parecchi anni in vacanza con i bimbi piccoli. Una notte mi sono messa in giardino con il portatile e ho visualizzato una scena: il buffo colloquio di lavoro a Castello (non dico altro per non fare anticipazioni). A dirtela tutta, è arrivato prima Samuele. Poi ho ‘visto’ dall’altra parte del tavolo questa donna incredibile, piena di contraddizioni e di dolore, allo stesso tempo ironica, tenera, casinista e impulsiva. Da quel momento mi è piombato addosso tutto il resto.

      Purtroppo si sente sempre più spesso parlare di femminicidio, di violenza sulle donne. Ti sei fatta un’idea su cosa ci sia alla base di questi comportamenti? Cosa spinge, secondo te, un uomo a comportarsi in questo modo?
Sì, me la sono fatta dopo anni di conferenze, di presentazioni di esperti del settore, di testimonianze di vittime. Un uomo si comporta in questo modo per possesso. Non è il raptus, che va tanto di moda, a innescare la tragedia, ma una serie di comportamenti abusanti mirati a plagiare e spezzare la propria donna, che di solito avvengono sul lungo termine. Nel momento in cui quell’oggetto di proprietà si ribella, scatta la tragedia.

Come pensi si possa risolvere la piaga della violenza sulle donne? Pensi che anche noi donne e mamme abbiamo un ruolo fondamentale?
La piaga della violenza sulle donne può essere risolta in vari modi: con la certezza della pena, con finanziamenti ai centri antiviolenza e investimenti in corsi specifici alle forze dell’ordine, in modo da riuscire a proteggere le vittime che hanno il coraggio di denunciare. Con meno chiacchiere e più fatti da parte di tutti i politici. 
E poi, l’educazione: sono mamma di un maschio e di una femmina. Cerco di insegnare il rispetto reciproco, anche nel linguaggio. Le parole hanno un peso.
È ora di piantarla di dire: “Quella donna ha i coglioni”. Una donna non ha bisogno di attributi maschili per essere in gamba.
È ora di piantarla di dire a un uomo: “Piangi come una femminuccia”. Un uomo ha il diritto di piangere, e non perde certo in virilità se succede. Siamo tutti esseri umani, e basta.
Ha un peso anche l’esempio che i nostri figli vedono in casa: il rispetto reciproco. Il padre che passa la domenica al bar, che si rifiuta di stirarsi le camicie o lavare i piatti (eccetera) e si fa trattare come un principe dalla moglie è un esempio familiare ben poco educativo, per dire.
A mia figlia ho spiegato che nessuno ha il diritto di minarne l’autostima, e che piuttosto di avere di fianco un uomo che non le cammina di fianco ma un passo avanti è meglio che stia da sola.
A mio figlio ho spiegato che spero diventi un uomo rispettoso e perbene, in grado di accettare un NO e di rispettare chi gli sta di fianco, dividendosi i compiti in casa senza pretendere il Nobel per la Pace.

       Come è nata la tua passione per la scrittura? Ci sono degli scrittori che ti hanno ispirata maggiormente?
Più che passione per la scrittura, parlerei di passione per la lettura. Leggo da quando sono piccolissima, grazie a mia madre che aveva una biblioteca immensa. Non sono da meno nemmeno io, comunque: in casa abbiamo qualche migliaio di libri di ogni genere disseminati in varie scaffalature. La passione per la scrittura, invece, è nata in ‘tarda età’ con due romanzi che non pubblicherò mai e che ho scritto in un paio di mesi.
Infine, la concezione della scrittura non come hobby ma come mestiere, studiando sodo e sputando sangue, è arrivata dopo avere incontrato per caso su Facebook Diego Di Dio, che è diventato il mio Prof, il mio editor e il mio paziente mentore.
Arriviamo agli scrittori: ti dirò che i libri che ho amato maggiormente sono Il gabbiano Jonathan Livingston di Bach, Via col vento della Mitchell (non ridere, giuro che piango sempre in un determinato punto), Dieci piccoli indiani della Christie, Il ritratto di Dorian Gray di Wilde, L’ombra del vento di Zafón e 1984 di Orwell. Per il resto, adoro Moravia, Svevo, Pirandello, Valerio Varesi e i thriller americani. Considera, però, che, come dicevo, ho letto migliaia di libri e ho gusti poliedrici.

Cosa stai leggendo ultimamente? Hai qualche titolo da consigliarci?
      Ultimamente ho scoperto Federico Maria Rivalta, che mi diverte moltissimo, e Giampaolo Simi, ma i libri che mi hanno lasciato un segno indelebile l’anno scorso sono: Fore morra di Diego Di Dio e Quando eravamo eroi di Silvio Muccino. Purtroppo, però, tra il leggere per lavoro e lo studio per diventare editor, arrivo a sera stravolta ed esausta e mi addormento sul Kindle. Quando sono in forma, invece, leggo almeno un paio di libri alla settimana. Ora sto passando agli esordienti italiani, a patto che le loro opere abbiano avuto un editing professionale e una correzione di bozze. Mi basta aprire l’estratto di Amazon per capire: se un libro è stato scritto e stampato senza i doverosi passaggi editoriali, mi rifiuto di leggerlo.
      
     Qui potete trovare il link alla mia recensione di Io sono la preda:



Commenti

  1. Risposte
    1. Grazie a te, è stato un grande piacere conoscerti ed intervistarti.

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  2. Bellissima intervista, ora voglio leggere anch'io il romanzo di Anna Pia!

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  3. Mi piacciono sempre tanto le interviste così, danno la possibilità di conoscere non solo chi crea libri o prodotti ma anche la persona in se!

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